
Quest’anno a Milano avrei potuto sfilare anche io.
O meglio, magari non avrei potuto farlo per GCDS, siccome non possiedo tre seni come le modelle, ma rimango sui classici due, della dotazione di serie.
Scherzi a parte, per la Milano Fashion Week, quest’anno, si è potuto assistere al tema della normalità come concetto allargato a donne che, benché sulle passerelle, non appartenevano tutte al settore della moda.

Certo, una Monica Bellucci a pois nella sfilata di D&G non la valuterei proprio una donna “comune”, però le sue forme ammorbidite e la sua avvenenza matura hanno guadagnato la simpatia di un pubblico che l’ha apprezzata nel suo essere umana.
Se guardiamo poi ai 90 anni di presenza celebrati dalla maison di Luisa Spagnoli, rimane un concetto di moda non per forza come eccesso ma, al contrario, legato a capi di abbigliamento che possano essere indossati da tutte le donne e tutte le generazioni.
Chi di noi non ha un golfino di angora nell’armadio?
Io, ma sto andando a rubare quello di mia madre.
All’umanità appartiene anche l’imperfezione.

Osservando la vitiligine della modella Winnie Harlow, che apriva la sfilata di Phillip Plein, la donna è bella soprattutto quando può esserlo in modo diverso dal solito.
Rimanendo sul tema della pelle, quest’anno, sulle passerelle di Milano, la moltitudine di etnie ha creato una danza vorticosa a tinte forti.
La bellezza non è più a rigido canone occidentale; la bellezza è variopinta.
In contrasto alla ricchezza del pigmento epidermico tuttavia, il trucco è rimasto quello basico di una pelle color nude.
Parrebbe proprio che quest’anno siano mancati gli eccessi… Invece no!

Emporio Armani ha costruito un invito, composto da una busta di prodotti in formato da imbarco, per l’eclatante evento da 2300 persone nell’hangar dell’aeroporto di Linate.
Quale modo migliore per celebrare l’apertura alare dell’iconica aquila, verso l’esterno?
Anche se la cosa che reputiamo più eccentrica di questa settimana appartiene alla prima giornata: Alberta Ferretti ha chiesto alle sue modelle di sorridere e, in un modo della moda sempre più imbronciato e finto annoiato, la cosa è risultata drammaticamente rivoluzionaria.
Tra le cose che ci sono piaciute di più?

Il Green Carpet Talent di chiusura; un’occhiata a designer emergenti dal mondo, che si sono sfidati per ridefinire la sostenibilità nella moda con idee quali paillettes ottenute da bottiglie di plastica, sacchi di juta usata, cristalli “lead free” ecc…
Il vincitore, Gilberto Calzolari, e gli altri quattro finalisti avranno l’opportunità di partecipare ad un programma di formazione in mentoring di 12 mesi con tutor selezionati da tutta Europa e Cina.
Per la serie: viva il riciclo!
E giusto per non rimanere indietro a nessuno, non si possono non nominare le due Ferragni presenti all’evento, quindi lo facciamo anche noi: Chiara e Valentina.
Ecco fatto.
Dalla Milano Fashion Week di quest’anno, per noi è tutto.