
Abbandonò la Spagna sotto le bombe di una guerra civile.
Era Spagnolo, ma diventò Francese per adozione.
Studiò come architetto, ma diventò un grande stilista.
Avrebbe dovuto utilizzare tessuto per le sue creazioni, ma usò plastica, metallo, carta.
Avrebbe dovuto far sfilare rassicuranti ragazze bianche, invece le modelle della sua prima sfilata furono ragazze di colore, peraltro scalze.
Fu soprannominato “Enfant Terrible” per l’enorme dose di eccentricità.
La sua arte segnò una netta linea di demarcazione tra il pre e il post.

Da Coco Chanel venne nominato “Il metallurgico della moda”.
Fu il primo ad inserire la musica nelle sfilate, trasformandole in una sorprendente rappresentazione teatrale.
Ciò che adesso è divenuto standard, fu in gran misura di sua introduzione.
Fece innovazione usando tutto ciò che aveva a disposizione e, a dimostrazione di questo, una sua frase celebre cita: “Non dobbiamo dimenticare che, per fare un grande salto in avanti, è sempre necessario fare alcuni passi indietro”.
Se non aveste ancora capito di chi stiamo parlando, Signore e Signori: Francisco Rabaneda Cuervo, in arte Paco Rabanne.
La madre era capo cucitrice dell’atelier di Balenciaga e, benché ne fu molto contaminato, non furono gli abiti la prima cosa che diede alla luce. Partì con gioielli ed accessori e, grazie al suo futuristico virtuosismo, cominciò da subito a collaborare con diverse case di moda.
Solo dopo qualche tempo creò una griffe a suo nome e si espresse con una collezione di 12 abiti che, rispetto ai materiali con i quali vennero costruiti (metallo, fibre ottiche, plastica, carta crespa), furono più innovazione che moda.

Il corpo delle modelle si fuse in quelle creazioni. Fu una marcia di fiero femminile in luccicante armatura. Io non ero lì ma posso immaginare che, per la prima volta, in un oceano uditivo mescolato nelle note di “La Marteau sans maître” ed uno stupore silenzioso, il mondo della moda assistette al predominio della materia sulla carne.
Paco non fu un uomo dalle mezze misure. È sua la frase piuttosto tagliente che cita: “Le modelle? Cominciamo col dire che ammazzano i vestiti, sì, li uccidono. Una grande indossatrice è invece quella che sa far vivere e risaltare l’abito che porta e non l’opposto. Sono delle vitelle. Intendiamoci: sono bellissime. Claudia Schiffer è magnificamente bella, però in posizione orizzontale, su un letto.”

Malgrado le sue provocazioni, la bellezza volle comunque rendergli omaggio: la grande dea Brigitte Bardot indossò un mini abito le cui cuciture classiche vennero sostituite da pinze, anelli, rivetti e borchie in acciaio. Deve essere stata un’esplosione così accesa di luce e beltà, da sfiorare i limiti dell’insopportabile per la comune donna mortale.
Il suo talento si espresse fortemente nella creazione di profumi leggeri ma significativi, in confezioni che paiono sontuose opere d’arte. In questo ci si può facilmente riconoscere la metafora ricorrente dell’abito opulento, che circonda il corpo di una indossatrice discreta.
Nel 1999, dopo 30 anni di innovativa carriera, lo stilista torna ad essere Francisco Rabaneda Cuervo, ma il mondo della moda, dopo esser stato attraversato dalla sua arte, non sarà mai più lo stesso.