
Quando ci siamo riuniti per la prima volta a parlare della nuova stagione invernale, noi di Fashion for Breakfast abbiamo condiviso idee, notizie e opinioni, ma il minimo comune denominatore dell’incontro rimaneva sempre uno soltanto: l’incertezza.
Una domanda latente ci ha messo tutti sullo stesso piano: come pensare alle stagioni future quando siamo portati quotidianamente a vedere con difficoltà anche solo pochi giorni avanti a noi?
La moda, come tutti quanti noi, deve uscire dalla pandemia con un’auto analisi di sé stessa e con un obiettivo ben chiaro: rispettare i reali bisogni e le aspettative di una nuova e più consapevole generazione di consumatori, che a loro volta sono cambiati.
La risposta delle grandi istituzioni e organizzazioni alla pandemia di Covid-19 è stata quella di provare a reiterare uno schema già consolidato negli anni, che ha invece ora bisogno di parecchie revisioni e di una nuova trasparenza, dalla progettazione fino alla produzione.
Da sempre la moda è espressione della società e dei suoi cambiamenti, tramutandosi di fatto in uno specchio dell’attualità e non di una mera reiterazione di convenzioni estetiche. Questo tipo di fare e pensare il business infatti sembra aver perso i contatti con quella realtà che dovrebbe essere costante motore e ispirazione verso un rinnovamento.
I cambiamenti a livello progettuale partono dall’analisi di fatti recenti: l’abbandono da parte di grandi marchi dei calendari delle fashion week internazionali. Ultimo The Attico, che vede il suo business model cambiare radicalmente per aderire al meglio alle esigenze degli utenti.
Così come per Gucci, si parla di due main collection annuali, che hanno il sapore di seasonless e new basics, unitamente al lancio di diversi drop e capsule durante l’anno.
Il nuovo business model permette di ridurre la complessità e l’ampia proposta delle collezioni, che sono sempre state portate all’estremo per essere adattabili a diverse occasioni, e creare un inventario che sia focalizzato sulla richiesta. In questo modo si può dare un boost ai nuovi lanci in-season e aumentare il sell-out a prezzo pieno degli articoli.
Progettazione – La semplicità dei nuovi capi basici nasconde la complessità di messaggi importanti

Un’altra riflessione necessaria sugli articoli più basici va fatta: perché dovrei scegliere di comprare la stessa felpa oversize grigia mélange da un determinato brand piuttosto che dall’altro?
La differenza, come sempre, la fanno i dettagli e la comunicazione.
Se andiamo ad acquistare un prodotto che rimarrà con noi per più di una stagione, saremo più invogliati a comprarlo nel caso in cui quest’ultimo sia “portatore sano” di uno o più messaggi a cui teniamo particolarmente.
Il 2020 ci ha insegnato a fermarci e concentrarci sull’importanza del nostro benessere mentale ed emotivo, da qui la nascita di capi che ci parlano e ci esortano a essere più empatici con noi stessi e con gli altri.
Indossare capi di brand che supportano una certa filosofia e un certo messaggio non ci aiuta a renderli più veri, più attuabili? E se, prima di acquistare un capo, ho la possibilità di ascoltare (tramite le nuove piattaforme social come Clubhouse) proprio il designer in persona parlare del suo processo creativo, non sarò più portato ad acquistare quel capo con una sensibilità nuova?
La risposta è una sola e le possibilità molte di più.
Progettazione: la libertà di essere chi vogliamo comincia dalla moda Genderless
Rimanendo sempre in tema di cambiamenti progettuali, non si può non menzionare l’importanza delle collezioni genderless: un prodotto nuovo, figlio di una società che sotto questo punto di vista è in continua evoluzione.
Sdoganata la visione di maschile e femminile come categorie pre-impostate a sé stanti, abbiamo ora davanti a noi uno spettro ampissimo di modi di vedere la propria identità.
Segnali che rafforzano ulteriormente questa direzione sociale sono l’edizione di Vogue America di dicembre 2020, dove in copertina troviamo Harry Styles: primo uomo a comparire sulla rivista, per giunta in abiti “da donna”.
Ma ci sono anche le dichiarazioni di Dolce&Gabbana in merito alle vendite della linea couture Alta Sartoria, ugualmente ripartite fra uomo e donna.
Proprio un ritrovato interesse sulla couture uomo si è acceso subito dopo la sfilata di Valentino Haute Couture Spring 2021, nella quale abbiamo visto sfilare abiti giornalieri ma di altissima qualità. Questo dimostra una maggiore accettazione dell’individualità, un contesto in cui più uomini sentono ora un rinnovato bisogno di espressione di loro stessi senza correre il rischio di finire nel prototipo preconfezionato e conservatore che si rifà a un’idea di uomo alla Clark Gable.

Produzione: i goal della sostenibilità
La pandemia ha reso ancora più emblematiche le problematiche produttive del mondo moda e accelerato quella visione sostenibile di cui sentiamo parlare da tempo.
Ma reinventare la catena produttiva secondo dettami di etica e sostenibilità non è esattamente un cambiamento realizzabile in pochi giorni. Per questo negli ultimi anni grandi marchi come Chanel o Adidas hanno investito ingenti somme di donare per definire la mission dei prossimi anni, cambiando passo passo gli step della loro catena produttiva.
Ultimo in questo rinnovamento è per esempio il brand di fast fashion H&M, che ha investito ben 500 milioni di euro in bond che hanno come scopo un maggiore utilizzo di materiali riciclati -fino a ridurre le emissioni di gas del 10%.
Tutti i brand stanno cercando di ampliare il loro ESG (Environmental, Social and Governance) portfolio, proprio perché i dati dimostrano che se si arricchisce il valore dello proprio marchio si crea anche un rapporto più duraturo con il consumatore finale.
Secondo le diverse stime, che la ripresa dopo la pandemia sia rapida o che subisca vari rallentamenti, il 2021 è in ogni caso stato battezzato come il ponte che ci traghetterà alla tanto attesa ripresa economica nel 2022.
L’incertezza per il nostro presente può anche farsi sentire e farci preoccupare, ma le direzioni da prendere sono ben chiare. Concludendo, in risposta alla domanda iniziale, ci siamo detti che guardare al futuro significa cambiare prospettiva con la consapevolezza che ogni cambiamento porta sempre a una -necessaria- crescita.