
Variante inglese, sudafricana, poi la temutissima Delta e ora Omicron: la variante Covid che sta marciando a ritmo serrato con una velocità di contagio che parrebbe surclassare le precedenti.
Anche se i sintomi di quest’ultima variante sembrerebbero meno gravi, sale la preoccupazione a livello sanitario per via dei contagi sempre più frequenti che dilagano in Europa e nel mondo nonostante la somministrazione di vaccini e terze dosi. A questo ritmo, sono inevitabili le conseguenze sul settore della moda: la produzione delle collezioni subisce costanti frenate a causa dell’assenza dei lavoratori risultati positivi o in quarantena, senza contare le difficoltà logistiche legate agli spostamenti.
E Omicron porta scompiglio in un momento particolarmente importante per il mondo moda: quello in cui si organizzano le sfilate e si progettano le fiere. Il che fa sorgere automatica una domanda: cosa farà adesso il settore del fashion? Si fermerà di nuovo, come fu al momento della prima comparsa del Coronavirus? Si appoggerà totalmente agli strumenti offerti dal digitale? I brand oseranno o preferiranno essere cauti, in un momento difficile come questo?
La risposta dell’edizione numero 101 di Pitti Uomo sembra chiara e potremmo riassumerla con le parole “avanti tutta”.
Al suon di hashtag #safewithpitti (a sottolineare l’importanza estrema data alle misure di sicurezza anti contagio) il sipario sulla moda uomo si è alzato e, fino a domani 13 gennaio, la Fortezza da Basso di Firenze ospiterà le collezioni maschili autunno/inverno 2022-23 di quasi 600 brand.
Vogliamo essere precisi: 540 brand, di cui 151 in arrivo dall’estero, presenti fisicamente in Fortezza ma anche sulla piattaforma digitale Pitti Connect (tranne 37 che partecipano solo in digitale).
Perché è importante sottolinearlo? Se è vero che non siamo ancora al livello dei numeri pre-Covid, si tratta comunque del doppio rispetto alla manifestazione dello scorso luglio. Un segnale che sottolinea la ripresa del settore intravista a chiusura del 2021: dopo un 2020 che ha segnato un calo del 19,5%, nell’ultimo anno il menswear è tornato in area positiva con un salto dell’export del 16,4% da gennaio a luglio 2021.
L’appuntamento fiorentino con la moda uomo dunque c’è e resiste, nonostante un grande assente che ha suscitato senz’altro grande stupore.
Parliamo di Brunello Cucinelli, un vero simbolo della fiera, che per motivi precauzionali e per non mettere a rischio dipendenti e personale ha scelto di non essere presente alla manifestazione e di saltare la presentazione fisica al salone fiorentino.
“Riteniamo che sia una decisione frutto di una sana presa di coscienza dell’attuale momento che l’Italia e il mondo intero stanno vivendo. Crediamo inoltre che sia una scelta presa con senso di responsabilità verso quella strada intrapresa negli ultimi mesi che auspichiamo tutti, possa portarci al più presto ad una normalità di vita e rapporti umani”.

Queste le parole dell’imprenditore umbro, molto simili anche a quelle della maison Ann Demeulemeester (acquisita nel 2021 da Claudio Antonioli), brand special guest di questa edizione di Pitti, che parla di una decisione “sofferta ma indispensabile” e sceglie di posticipare il suo evento alla prossima edizione di giugno 2022.
E che dire delle sfilate?
Alle porte della Milano Fashion Week dedicata all’uomo (prevista dal 14 al 18 gennaio), la situazione Covid preoccupa e porta alcuni brand a cambiare programma.
Il primo nome a farlo è altisonante. Si tratta di Giorgio Armani, che ha annunciato la cancellazione degli show Emporio Armani e Giorgio Armani uomo dedicati all’autunno-inverno 2022/2023, nonché l’appuntamento parigino con la haute couture.
Anche se oltre a Re Giorgio sono pochi (per ora) gli stilisti ad aver fatto inversione di marcia per evitare i contagi, la decisione del designer getta un’ombra un po’ inquietante sul panorama moda. Era infatti stato proprio Armani il primo grande brand a prendere la decisione (ai tempi dirompente) di cancellare la sua sfilata all’inizio del 2020 quando la pandemia iniziava a fare paura. Perfetta coerenza o cattivo presagio?
Secondo Armani, sebbene la sfilata rimanga un momento fondamentale e insostituibile, la tutela della salute e della sicurezza di collaboratori e pubblico è ancora una volta prioritaria e va messa al primo posto.
Una decisione sicuramente sofferta, ma che ha già fatto proseliti. Parliamo della casa di moda JW Anderson, che trova una via di mezzo e opta per un fashion show in formato digitale -anche per aggirare le difficoltà logistiche e di viaggio causate dalla nuova variante Omicron.
Lo show (esordio del marchio nel calendario milanese) sarà trasmesso in anteprima sui canali della Camera Nazionale della Moda Italiana domenica 16 gennaio alle 0re 20.00.
Nonostante l’attuale Decreto Legge permetta sia le sfilate sia le attività in presenza di ospiti (come eventi e presentazioni di vario tipo), il presidente di Camera Moda Carlo Capasa ha reagito a questi cambi di programma e cancellazioni rimanendo all’erta rispetto alla situazione dei contagi e ribadendo l’importanza del rispetto di tutte le norme di sicurezza:
“È possibile – dice Capasa – che nei prossimi giorni il calendario possa prevedere alcuni cambiamenti, nella massima collaborazione con i brand che partecipano alla nostre settimane della moda e con la massima attenzione alla situazione sanitaria complessa che il nostro Paese sta vivendo.
Alcuni eventi che a oggi non sarà possibile realizzare come originariamente immaginati,
potranno essere annullati o posticipati.”

In questo scenario di cancellazioni e slittamento di piani, spetta ai singoli brand decidere come muoversi. Ma quella che si trovano davanti può essere una scelta davvero molto difficile.
Davanti a loro c’è un bivio: se è vero che gli spettacoli possono essere preziosisissimi per generare interesse e far parlare di sé, sono però anche molto costosi e in un momento come questo i marchi devono decidere se si sentono a proprio agio nel sobbarcarsi questa spesa anche con i rischi causati dall’aumento dei contagi.
Dato che ci troviamo ora in una fase in cui si prevede che i contagi andranno ad aumentare, il dilemma è particolarmente acceso per quei marchi che proprio in questo mese prevedevano di sfilare, ma, se Omicron raggiungerà il picco entro la fine del mese (seguendo l’andamento che ha avuto in Sud Africa), i casi potrebbero essere in netto calo sia in Europa che a New York (dove centinaia di migliaia di persone sono già risultate positive) entro la metà di febbraio -momento in cui iniziano le sfilate femminili.
Il rischio c’è e non è uno da poco. L’organizzazione delle sfilate in questo momento è solo alle fasi iniziali e se un marchio scegliesse di ritirarsi fin da ora potrebbe risparmiare un sacco di soldi; al contempo, scegliendo invece di proseguire come da piani iniziali, il rischio è quello di perdere altrettanti guadagni qualora la situazione dei contagi dovesse peggiorare.
La domanda da porsi è: quanto è prezioso uno spettacolo fisico per lo sviluppo del proprio business? Vale la pena di organizzarlo anche a fronte di un minor numero di partecipanti e nonostante l’aumento dei costi complessivi causato dai protocolli di sicurezza?
Per capire come rispondere a queste domande, i designer stanno facendo fruttare ciò che hanno appreso in precedenza in questi ultimi due anni di pandemia: l’importanza delle esperienze ibride.
Un evento può avere la stessa potenza anche se visto dal divano di casa propria. Un concetto che fino a poco tempo fa era impensabile e che certo non cancella il fascino e la sontuosità delle sfilate in presenza, ma che con il digitale ha preso spazio, portando gli stilisti a immaginare nuovi metodi comunicativi.

Alcuni potrebbero decidere di proseguire su questa strada e rendere i loro programmi digitali sempre più variegati e artistici, anche accettando il rischio di non avere lo stesso impatto di marketing rispetto a una presentazione di persona. Altri possono cogliere l’occasione per uscire dai calendari rigidi del mondo moda e proporre un ritmo più spontaneo, naturale -scelta già presa in precedenza da Saint Laurent, Balenciaga e Gucci, che però, va detto, sono già ritornati nei ranghi delle classiche date preposte.
Sarà una scelta dura per i brand, che devono essere pronti ad una totale flessibilità e soprattutto a non avere paura di andare controcorrente.